Intervista a Maurizio Landini

L’INTERVISTA

Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, propone un grande piano di investimenti pubblici e privati per un nuovo modello di sviluppo finanziato da quello che chiama «tributo di equità contro le diseguaglianze» e da nuovi strumenti finanziari sostenuti da banche e Stato.

È una delle idee del sindacato, rivolta al governo, ai partiti di maggioranza e opposizione, agli imprenditori per disegnare un nuovo modello di sviluppo con il lavoro e la sostenibilità al centro. Landini, siamo ormai dentro la terza recessione in dieci anni, la produzione industriale arretra, la disoccupazione cresce con la precarietà, i consumi sono fermi come gli investimenti. Cosa propone la Cgil per evitare una nuova crisi profonda?

«Occorre un piano straordinario di investimenti pubblici e privati che si inserisca in un'idea di sistema Paese basata su un nuovo modello di sviluppo centrato sulla sostenibilità ambientale, partendo dalla manutenzione del territorio, dalle infrastrutture sociali, materiali e digitali».


Vogliono dire anche le grandi opere, come la Tav, o i piccoli interventi di manutenzione?

«Gli interventi più efficaci nell'immediato sono quelli per la manutenzione del territorio ma da soli non bastano. E non ci si deve limitare a questo, va alzata la prospettiva: dalla mobilità alla rigenerazione delle aree urbane; dalle energie rinnovabili alla cosiddetta economia circolare; dalla ricerca e innovazione alla cultura, la formazione e l'istruzione».

Servono soldi, tanti soldi. Dove pensa di trovarli?

«I soldi si vanno a prendere dove sono».

Si spieghi, cosa vuole dire?

«Serve, finalmente, una riforma fiscale degna di questo nome. È stato un errore gigantesco non averla fatta finora. Non deve riguardare solo le detrazioni sui redditi da lavoro e dei pensionati che sono comunque necessarie, bisogna intervenire sulle ricchezze per una lotta contro le diseguaglianze».

Dunque, una patrimoniale? Ogni volta che la sinistra l'ha pronunciata gli elettori sono scappati..

«Non mi soffermerei sui nomi. Lo chiamo tributo di equità contro le diseguaglianze. Ma, insomma, basta voler aprire gli occhi per vedere come il livello di diseguaglianza sia cresciuto enormemente nel nostro Paese. Penso che un prelievo di questo tipo debba essere finalizzato a un piano per gli investimenti Teniamo conto, tra l'altro, che dentro un piano straordinario di questo tipo si potrebbero coinvolgere anche i fondi pensionistici integrativi. Finalizzare i loro investimenti, che comunque devono garantire un rendimento agli iscritti, a progetti produttivi, dalle opere sociali alle grandi opere stradali e ferroviari Ma anche asili, scuole, ricerca e così via. Non va neppure esclusa la possibilità di sperimentare veicoli finanziari alimentati da banche e Cdp finalizzati a investimenti e politiche industriali».

Non va bene lo sblocca cantieri che il governo sta definendo?

«Rischia di essere una liberalizzazione selvaggia degli appalti, un ritorno alla legge Lunardi del governo Berlusconi. Ci troveremo di fronte al fatto che i progettisti e gli esecutori sono anche i controllori. E un film già visto: più illegalità e più corruzione. Insisto: bisogna avere un'idea di Paese».

Insiste perché ritiene che questo governo non ce l'abbia?

«Vale anche per i governi precedenti. Di certo questo governo non sembra averla. Trovo assurdo che si ricerchino accordi con la Cina, gli Usa, l'India e poi si dia il via libera all'autonomia differenziata tra Regioni che frantuma l'unità nazionale. Così si prendono in giro le persone, si diffonde la sfiducia che non porta gli investitori nel nostro Paese».

Ma lei quanto immagina di ricavare dalla patrimoniale?

«I conti si faranno ma credo una quantità tale da consentire un vero piano di sviluppo. È una scelta politica che va fatta. Certamente non è con la flat tax che possiamo uscire dalla recessione».

Ha appena incontrato il nuovo segretario del Pd, Nicola Zingaretti. Le ha detto della patrimoniale? Cosa le ha risposto?

«Lei continua a parlare di patrimoniale, ma la nostra proposta è un insieme di riforma fiscale e ruolo diverso dello Stato e delle banche per un nuovo modello di sviluppo. Ho incontrato Zingaretti insieme a Cisl e Uil. E al Pd abbiamo illustrato le nostro proposte, in particolare abbiamo detto che bisogna riportare al centro delle politiche il lavoro che in questi anni è stato frantumato, precarizzato, impoverito anche nei diritti. Dobbiamo ridare fiducia al lavoro. Va rivisto il modello di sviluppo che ci ha condotti nella situazione in cui ci troviamo. Abbiamo detto a Zingaretti che se vuole cambiare il Paese deve cambiare le strategie che prima di lui sono state adottate».

Cosa vi ha risposto Zingaretti?

«Ha sottolineato che nel ricostruire il campo della sinistra intende rimettere al centro il lavoro».

Quale consiglio darebbe all'opposizione politica?

«Non do consigli, ma certo partirei da una riflessione sul perché si e rotto il rapporto di rappresentanza con il mondo del lavoro e di conseguenza la sinistra è diventa minoranza nel Paese. Perché adottando le politiche di austeriy e praticando, come la destra, la disintermediazione con i corpi sociali si è diventati minoranza tra gli italiani».

Ma lei si sente vicino alle posizioni della Confindustria o a quella della sinistra politica?

«Noi cerchiamo di essere vicini a chi lavora, a chi lo cerca, a chi ha lavorato. La novità è che l'assenza di confronto da parte dei governanti riguarda tutti».

Firmerà l'appello per l'Europa promosso dalla Confindustria?

«Con Confindustria stiamo ragionando su come modificare le politiche europee, ci sono molti temi che stiamo approfondendo. Stiamo parlando su un fisco europeo, di un sostegno europeo per i disoccupati, di un contratto di lavoro europeo, di un piano europeo di investimenti»