La domanda è : perché aver eretto una statua a Indro Montanelli?

L’indignazione verso personaggi simbolo di una cultura razzistica, colonialistica e imperialistica cresce e si esplicita col gesto antistorico dell’ abbattimento delle statue che li rappresentano.

L’imbrattamento del monumento a Indro Montanelli, ha imposto all’attenzione e ha costretto a parlare di un capitolo terribile della nostra storia, rimosso leggiadramente, non studiato o approfondito a scuola, liquidato col solito atteggiamento paternalistico sintetizzabile con quell’ Italiani brava gente esportatori di benessere e progresso, e testimoniato dal fatto che tra gli inni e le marcette del regime quella più popolare, canticchiata a lungo anche dopo la caduta del fascismo ci sia

Faccetta nera bell’abissina

aspetta e spera che già l’ora si avvicina

quando saremo insieme a te

noi ti daremo un’altra legge e un altro re

..Ti porteremo a Roma liberata

...sarai in camicia nera pure te

...sarai Romana, la tua bandiera sarà sol quella italiana

Mentre nella Germania e nell’Italia dei regimi nazifascisti la donna ebrea era oggetto di ribrezzo e di rigetto fisico, la concupiscenza con la bella abissina era allegramente praticata dagli occupanti, addirittura foriera di acquisizione di una improbabile cittadinanza (!), la pratica del madamato formalizzata. Tutto questo ovviamente rinnegato e osteggiato dal gran Duce, non per senso morale, ma per l’imminente emanazione delle leggi razziali; non ci si poteva mescolare con razze inferiori!

Severgnini depone a favore del suo mentore Montanelli, invitando alla contestualizzazione per legittimarne il comportamento. Contestualizzare significa trovare attenuanti o aggravanti per la comprensione e la valutazione di fatti, comportamenti, idee. Bene, contestualizziamo: se Indro fosse nato e vissuto in Abissinia, avesse avuto madre o sorelle, magari infibulate, vendute allo straniero, o spose bambine, se non avesse studiato e magari si fosse solo in seguito naturalizzato italiano e diventato giornalista, beh, allora la contestualizzazione giocherebbe a suo favore, ma Indro era un italiano adulto colto, figlio di un professore, plurilaureato, (anche in Legge), già giornalista, partito volontario per la guerra di Abissinia. Nel suo paese, il nostro, la pedofilia, lo stupro di minorenni erano penalmente perseguibili, erano leggi che, prima ancora che essere divieti e sanzioni, rappresentavano la ratifica della Legge Naturale antecedente a quella giuridica , la stessa che fa dell’incesto un tabù nella nostra civiltà; l’insieme di quei fenomeni stigmatizzati dal comune sentire di una comunità, da un contesto appunto, culturale, politico, filosofico, sociale, religioso, storico. A quale contesto apparteneva Indro Montanelli? Pare non avesse certo fatta propria questa legge naturale; vien da pensare che la rispettasse, forse, in patria solo perchè sanzionabile, ma che non fosse condivisa nel suo io profondo, tanto da poterla eludere in modo spavaldo ad altre latitudini. Se un uomo, con l’aggravante di possedere gli strumenti culturali idonei, sente che comprare e violentare una bambina non è bene, non lo fa... punto, per se stesso, per la propria coscienza, in ogni contesto.

Se per di più lo stesso uomo, a distanza di anni, in tutt’altri consessi, si pavoneggia di averlo fatto, è palesemente compiaciuto dell’impresa, se ne vanta e con un’ arroganza figlia di un’ autostima patologica narcisistica , dice di aver fatto un buon affare, descrive la sposa come “animaletto docile”, racconta di averla poi passata ad un collega, definendo ciò normale per gli africani, quindi anche per lui che transitava in quel momento proprio da lì, allora ciò che ci dobbiamo chiedere è come sia stato possibile dedicare un monumento a un simile personaggio: è stato premiato in virtù della sua abile scrittura, della sua popolarità o dell’esser stato gambizzato dalle BR? E’ stato ininfluente il male fatto ad una bambina, il reato odioso di cui si sarebbe macchiato se in patria, la mancanza assoluta di autocritica, il rappresentare la storia peggiore dell’Italia patriarcale, fascista e colonialista , la supremazia della razza, la violenza del potere? Parlare di sessismo , di maschilismo, di cultura da frequentatore di bordelli, nel caso di Montanelli mi pare riduttivo, quasi una carezza. Allora contestualizzo anche l’atto vandalico: qualcuno, in rappresentanza e sulla scia di un sentire condiviso da milioni di persone che manifestano in tutto il mondo contro l’odio razziale, (l’antirazzismo, ricordo, è nostro valore e dettato costituzionale), ha voluto dire ai passanti che Montanelli è stato anche un razzista stupratore; ha fatto controinformazione, facendo conoscere le tante invisibili faccette nere abbissine, schiave bambine comprate e stuprate dai militari italiani.

Non sono, in generale, per la rimozione delle statue , magari per una loro collocazione nei musei, qualora ormai stridenti col contesto, ma in questo caso mi piacerebbe che un artista la integrasse, mettendole a fianco la piccola Fatouma, nell’atto di tirare una corda per spodestare da un immeritato piedistallo l’emblema di una cultura che non deve esistere più.

Grazie ad Elvira Banotti, che nel silenzio inespressivo, quasi ebete, dei maschi presenti alla trasmissione televisiva di diversi anni fa, ha denunciato questa verità storica, inchiodando Montanelli. La nostra civiltà non avrebbe dovuto erigergli alcuna statua!

Alberta Bresci, responsabile Coordinamento Donne SPI CGIL Pistoia