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Intervista a Susanna Camusso "se la manovra è questa reagiremo"

"Se la manovra è questa reagiremo". Intervista dell' HuffPost Italia a Susanna Camusso.

Alla vigilia delle Giornate del lavoro il segretario della Cgil boccia la direzione presa dal governo. "Manca un'idea di lavoro e di paese"

"Al momento ragioniamo su indiscrezioni. Ma se verrà confermata la direzione intrapresa bisognerà iniziare a costruire la reazione". Dietro la scrivania di Susanna Camusso c'è uno spazio bianco. Ha i contorni sbiaditi dal tempo. "Lì c'è un quadro di Carlo Levi che ritrae Giuseppe Di Vittorio. Fu un regalo dei compagni. Ora è fuori per una mostra". Dal quarto piano di Corso d'Italia la vista è splendida, e si spinge fin su Monte Mario e ancora più in là, a lambire il Soratte, "tanto che quando c'è bel tempo vediamo Firenze", scherza uno dei collaboratori del segretario generale della Cgil. La giornata a Roma è ideale per godersi il panorama, ma da dietro la scrivania della Camusso lo sguardo su governo e dintorni è assai più fosco. E non esclude lo sciopero e la piazza: "Non è che non ci siano elementi di mobilitazione. Quando vedremo la legge di stabilità faremo le nostre valutazioni".
Ma qualcosa trapela, e quel che trapela non piace affatto in questi corridoi tappezzati di manifesti che ripercorrono la storia del sindacato. "Se il quadro fosse questo sarebbe chiaro che manca il lavoro e manca il paese". Il giudizio della leader del principale sindacato d'Italia sull'esecutivo gialloverde è critico al limite dell'asprezza. Appoggia le mani sul tavolo e sospira quando gli si chiede della riforma fiscale tanto cara alla Lega: "Una riforma fiscale è sicuramente un bene, noi siamo d'accordo. Ma dovrebbe andare nella direzione esattamente opposta". Ormai è chiaro che il Carroccio abbia abbandonato qualunque tipo di velleità di introdurre fin da subito la flat tax, ma si appresta a intervenire sulle partite Iva e a ritoccare limitatamente le aliquote. "Ma in Italia abbiamo una progressività al contrario. C'è uno squilibrio tra i lavoratori e gli asset finanziari e immobiliari. Bisognerebbe piuttosto intervenire sul cuneo fiscale, e farlo in favore dei dipendenti, non delle aziende. Ma se queste sono le premesse siamo molto lontani". Le ricette della Cgil sono note: "Non avere una patrimoniale è un elemento di diseguaglianza in sé", spiega il suo segretario.
Pollice verso anche sulla pace fiscale, bollata come "un condono". "Il problema – spiega Camusso – è che invece continuiamo ad avere bisogno di un piano serio di investimenti pubblici. E non ve n'è traccia. Senza considerare che c'è un grande problema di manutenzione del paese, e assistiamo a un grande rallentamento delle opere già finanziate come il Tap e il Tav. Questi temi non possono essere oggetto di una battaglia politica pura, bisogna attrezzarsi per dare risposte concrete". Senza contare la totale assenza del mondo del lavoro, argomento "sicuramente troppo ampio per essere trattato solo in manovra, ma che non ci sia nemmeno un titolo...".
Nella libreria che campeggia dietro la scrivania a due passi dalla storica sala dove si riunisce la segreteria, c'è una matriosca, poco più in là una foto della padrona di casa con il pugno chiuso. Sul tavolo le brochure delle Giornate generali del lavoro, una quattro giorni che la Cgil ha in programma questo fine settimana a Lecce, dove si riuniranno sindacalisti, economisti, politici e imprenditori per ragionare dei temi che ruotano intorno al mercato del lavoro. Tra i libri dedicati a Luciano Lama e Bruno Trentin si affaccia timidamente una foto de "La mia Utopia", di Renato Brunetta. All'epoca i rapporti con il governo di Silvio Berlusconi era complesso. Oggi non sembra andare molto meglio. Quando le si chiede di dare un giudizio sul presidente del Consiglio Giuseppe Conte, Camusso esita per alcuni secondi, prendendo tempo e cercando di misurare parole che verosimilmente potrebbero essere assai diverse se non passate sul bilancino dell'accortezza politica: "Mi sembra assai complesso definire la figura di Conte. Certo, è il nostro interlocutore istituzionale. Ma, ecco, non sembra sia lui il punto di determinazione politica di questo governo".
La leader cigiellina fa chiaramente capire che il rapporto con gli uomini in camicia verde che siedono nella stanza dei bottoni è molto complicato, ai limiti dell'incomunicabilità. Più articolato il giudizio sul Movimento 5 stelle. Quando le si ricordano i giudizi sferzanti degli uomini di Beppe Grillo sul sindacato sorride: "Mi pare che gli sia venuto qualche dubbio in merito all'idea di farci sparire". Riconosce a Luigi Di Maio di "aver avuto un ruolo" nell'accordo che ha sbloccato l'impasse sull'Ilva, ma anche di avercelo dovuto portare a fatica: "A quel tavolo ci siamo arrivati solo dopo aver minacciato lo sciopero. Fino a quel momento la tendenza del ministro era un po' quella di dire sbrigatevela voi". Così come è in chiaroscuro il bilancio complessivo delle politiche a 5 stelle. "Il reddito di cittadinanza è una nebulosa. Si va dalla possibilità di potenziare il reddito d'inclusione alle pensioni di cittadinanza. Ma poi non ci sono le risorse per gli ammortizzatori sociali e non si può rispondere alla crisi. È una visione piegata su una logica assistenziale, e per di più dallo spettro molto ridotto".
Le ultime due stoccate Camusso le tira sulle pensioni ("La Fornero è profondamente ingiusta, ma questo andare verso quota 100 è fortemente limitante, penalizza il Sud e non dà risposte ai giovani") e agli industriali che avevano minacciato la piazza ("Un'alzata di scudi incomprensibile, o meglio, comprensibile solo se si interpreta come un'operazione preventiva per non far venir meno gli incentivi alle imprese"). Poi si spengono i microfoni e, prima di rimanere sola, si accende una sigaretta. Nell'androne al primo piano accanto all'uscita si sbatte su una gigantesca tela. È "La battaglia di ponte dell'ammiraglio", di Renato Guttuso. È pieno di camicie rosse garibaldine, che sfondano la resistenza borbonica prima di entrare a Palermo. In queste stanze su chi siano i Mille e chi i reazionari non ci sono dubbi. Il problema, per Camusso e i suoi, è portarla là. Oltre la porta a vetri automatica che li separa dal caldo di Roma. In un paese che per quasi due terzi è pronto a indossare la giubba gialloverde.

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