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Un grande Gianni Rodari ( e pensare che era il 1968...)

 Bussetti: il grembiule rende uguali. Ma Rodari diceva: «La povertà va abolita, non nascosta»

«Avevo il grembiule col fiocchetto», racconta il ministro. «E’ utile alle elementari e medie per ridurre le differenze». Ripubblichiamo il pezzo sul tema del celebre scrittore per bambini

«Il senso di appartenenza al proprio istituto è una cosa bella che uno si porta dentro. Farlo anche attraverso il grembiule potrebbe essere positivo. Potremmo avviare una riflessione se introdurre sempre il grembiule nel primo ciclo di studi, quindi elementari e medie. Anche nelle superiori? Mi sembra eccessivo». Lo ha detto il ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, a «Un Giorno da Pecora». «C’è necessità- ha aggiunto Bussetti- di evitare contrasti rispetto a un abbigliamento che potrebbe creare delle differenze da un punto di vista sociale. Si eviterebbe di mettere in difficolta’ alcune famiglie rispetto ad altre».«Quando andavo a scuola- ha concluso il ministro- il mio grembiule era nero con il colletto bianco e il fiocchetto».

Il testo di Rodari

Ecco che cosa scriveva nel 1968 lo scrittore Gianni Rodari sul Corrierino dei Piccoli a proposito della polemica «Ho seguito su un grande giornale una piccola polemica. Questa parola deriva dal greco “polemos”, che voleva dire “combattimento”. Ma per fortuna le polemiche giornalistiche si fanno senza bombe atomiche, con la penna o con la macchina per scrivere. Dunque un noto professore di pedagogia (che sarebbe la scienza dell’educazione) si diceva contrario all’obbligo per gli scolari di indossare il grembiulino, col collettino col fiocchettino: la tradizionale uniforme dentro al quale i bambini dovrebbero sentirsi tutti uguali di fronte al maestro, ma che contrasta con la personalità, lo spirito di indipendenza, la libertà dei bambini. Due madri di famiglia gli rispondevano sottolineando i vantaggi del grembiulino: economia, praticità, igiene, impossibilità (per le bambine specialmente di fare sfoggio di vanità. Voglio entrare anch’io nel “combattimento”. Sono armatissimo, perché ho chiesto l’opinione dei maestri che conoscevo. «Se non ci fosse il grembiulino i bambini poveri avrebbero l’umiliazione di mostrare le loro toppe nei pantaloni ai bambini ricchi, vestiti come figurini». Questo ragionamento non mi convince. La povertà va abolita, non nascosta. Bambini con le toppe nei pantaloni non dovrebbero essercene più, ecco tutto. Un altro maestro mi ha detto: «Il grembiulino aiuta la disciplina. Che cosa ne diresti di un esercito senza divisa, un soldato col maglione rosso, un caporale con il gilè a fiorellini?». Nemmeno questo ragionamento mi convince: la scuola non è una caserma. E sulla disciplina bisogna intendersi bene: secondo me una classe non è veramente disciplinata quando ascolta immobile e impassibile le spiegazioni del maestro, pena un brutto voto in condotta, ma quando sta facendo una cosa interessante, così interessante che a nessuno viene in mente di guardare dalla finestra, o di tirare le trecce alle bambine, o di leggere un fumetto sotto il banco. Un grembiule o magari una bella tuta da lavoro, mi sembra indispensabile se si fa giardinaggio, se si usa la macchina per stampare (molte scuole al usano), se si fanno pitture con grandi pennelli, per non sporcarsi. Cioè. Accetto il grembiule dove e quando è utile e necessario. Come simbolo di uguaglianza, disciplina, eccetera non lo capisco. Il fiocco, poi, dà proprio fastidio. In certe scuole lo fanno portare lungo lungo, largo largo. Prima si vede il fiocco poi il bambino che c’è dietro. Ma forse in quelle scuole li fanno scrivere col fiocco invece che con la penna. Senza offesa per nessuno, ho detto la mia. Se non siete d’accordo non tiratemi le pietre: tiratemi i collettini bianchi, che fanno meno male».

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