Inceneritore del Calice: una scelta discutibile.

Necessaria comunque una programmazione diversa.

In questi giorni, con le proteste dei cittadini di Campi Bisenzio e di Sesto Fiorentino prima, dei cittadini di Agliana poi, proteste che hanno visto anche adesione di sindaci e numerosi amministratori, si ritorna a discutere di inceneritori, di rifiuti e di programmazione del territorio, non senza qualche ragione.


Premettiamo che, come CGIL, non abbiamo una preclusione ideologica verso gli impianti di incenerimento o termovalorizzatori. Ad oggi, sono un male necessario e se razionalmente collocati e realizzati, un’utile alternativa alla produzione di energia con idrocarburi.
Non è però pensabile che ogni amministrazione, incurante di ciò che avviene ai confini del proprio territorio di competenza, decida la localizzazione di impianti di questo tipo senza alcuna logica di sistema e visione d’insieme. Per questo c’è il rischio oggettivo di vedere in pochi chilometri, nell’area metropolitana, ben tre inceneritori con una potenzialità di 1.600 tonnellate il giorno.
Ma questa è la quasi inevitabile conseguenza della richiesta, avanzata a suo tempo, dalle Amministrazioni Provinciali di costituire un ATO dei rifiuti in ogni Provincia, richiesta accordata dalla Regione, che comporta la realizzazione di almeno un inceneritore, un impianto di compostaggio e chissà quante altre discariche in ogni Provincia. Ovviamente dove la singola Amministrazione ritiene, per le proprie logiche interne, più opportuno.
Eppure, già le esperienze in altri servizi pubblici locali, ci dicono che la frammentazione e la moltiplicazione delle strutture e delle aziende (con i rispettivi C.d.A.) non fanno altro che aumentare i costi e le inefficienze del sistema, il tutto con ripercussioni sulle tariffe che pesano sui bilanci delle famiglie e delle imprese.
La Giunta Regionale precedente aveva elaborato un disegno di legge sui servizi pubblici locali, da noi e da molti, criticata in più parti, che aveva il compito di dare regole e razionalità al sistema. Si riparta di lì, ridiscutendone l’impianto a partire dall’esigenza di superare localismi e nanismi d’impresa (il piccolo è bello non può essere uno slogan “usurato” solo per il manifatturiero).
Aprire una discussione complessiva sul rapporto pubblico-privato, prendendo esempio anche da altre esperienze regionali e quello che è necessario; è l’opposto del localismo ed è l’unica possibilità di trovare soluzioni condivise.

Segreteria CGIL Pistoia